Prosegue il diario di Nadia Rossi sul Dc Campus, esperienza fantastica che ha riunito baristi e coffee lovers di tutto il mondo con il motto Live/learn/share, vi siete persi la prima parte? La trovate QUI!!
Martedì 28 si apre con una mattinata di relax. A pranzo con le immancabili portate a base di riso bianco, verdure, pollo, uova, “nuvole croccanti”, salse e tanta frutta, quindi si parte alla volta di Tangkahan. Di nuovo è lo spettacolo triste delle palme a dominare la scena; si incontra anche un’area da poco fatta bruciare per fare spazio alla monocoltura e tanti camion carichi di grappoli di frutti della palma, che, una volta colti, devono essere immediatamente portati allo stabilimento per la lavorazione.
Il cuore si allarga quando la monotonia della palma lascia di nuovo il posto alla ricchezza di forme e colori della foresta, al cui interno si insinua un reticolo infinito di fiumi. Ed è uno di questi ad attendere la comitiva al suo arrivo: una chiatta trasporta una decina di persone fino alla metà circa del canale; dopo di che è il momento di immergersi fino al ginocchio e camminare nell’acqua fresca del fiume per raggiungere la riva. Questo nuovo Jungle Lodge ha un’impostazione più “selvaggia” del precedente. Le camere sono spartane e si cura con particolare attenzione la giusta disposizione della rete che si apre sul letto e protegge il sonno da insetti e animali. Il mercoledì si apre con una colazione gustosa e insolita: una nutriente crepes di banane. Quindi si riprende la via del fiume per attraversarlo e dirigersi verso la zona in cui si trovano gli elefanti. Sono anch’essi animali che hanno rischiato di essere uccisi nel corso del disboscamento, che oggi vivono a strettissimo contatto con chi li ha salvati. Gli amici dalla memoria lunga sono più che mai collaborativi: la mattina si apre con un buon bagno al quale segue la “strigliata” alla quale sono invitati a contribuire i visitatori ai quali viene consegnata una spazzola, infine “colazione”: le proboscidi prelevano dalle mani frutti e pezzi di bambù. Foto di rito, quindi alcuni fortunati sono selezionati per un tour di un’ora circa a dorso di elefante. Concluso il pranzo si raccolgono i bagagli (le capienti sacche nere numerate fornite alla partenza stanno mostrando la propria praticità e resistenza) e si torna al “via”, a Medan.
Sulle vie del caffè
A Sumatra un viaggio di centro chilometri si può svolgere in più ore, a causa del traffico delle grandi città o del cattivo stato delle strade, lo abbiamo già verificato. I circa 500 odierni – è il 30 aprile – richiederanno molto tempo. Raggiunto l’aeroporto si vola fino a Lhokseunawe quindi, suddivisi in equipaggi di 4-5 persone ci si distribuisce in 12 fuoristrada per arrivare a Takengon, nella parte settentrionale dell’isola. Si giunge che è ormai pomeriggio inoltrato, mentre è in corso un grande incendio che interessa alcune case in legno, di cui non si salverà alcunché: il giorno dopo raccoglieremo dei soldi per contribuire alla ricostruzione. La struttura che ci ospita, l’Hotel Mahara, ha un’architettura singolare: si sviluppa su pianta rettangolare e l’area comune dei tre piani sui quali si aprono le stanze, si affaccia su uno specchio d’acqua posto a piano terreno, senza alcuna copertura. All’ultimo piano, l’ampia sala colazioni, la sera diventa il dc bar, dove i campioni di coffee in good spirits danno prova della propria bravura, dispensando piacevoli drink. Sabato 1 maggio, un breve spostamento permette di raggiungere la “hulling” station, dove il caffè giunge spolpato e lavato, dopo una breve fermentazione e una prima asciugatura (giunge con un’umidità del 36% circa). Rimane steso al sole fino a quando scende al 13% circa, quindi viene effettuato lo sgusciamento, che toglie il pergamino e la pellicola argentea. Segue una cernita densimetrica, in base al peso dei chicchi, infine il caffè viene posto nei sacchi (seguiranno altri controlli). Durante la visita, giungono al centro di raccolta “sidecar” con sacchi di caffè portati dai singoli farmer. Ma è a WinBersih, che raggiungiamo dopo un nuovo spostamento in auto, a 1300 metri che il caffè diventa Orang Utan Coffee. Qui si trovano i primi “orangutan farmers” certificati nel 2014, tali in quanto seguono un protocollo dettagliato che indica le cure da dedicare al caffè da coltivare con metodo organico, e al contempo richiede il rispetto della foresta, indispensabile per la crescita della coffea e per il mantenimento il salute di un ambiente unico. Qui mediamente lavorano 5 persone (una famiglia) per ettaro; la cura delle piante è costante e prevede il taglio dei rami che crescono verticalmente, affinché non venga sottratto nutrimento agli altri: questo conferisce un’insolita forma “cadente”. Le piante vivono circa 25 anni e le giovani vengono messe a dimora accanto alle più vecchie affinché, quando queste ultime giungeranno alla fine del loro ciclo di vita, non si debba attendere la crescita delle nuove. La raccolta è effettuata manualmente con il picking, cogliendo le ciliege mature una ad una: un braccialetto rosso al braccio dei lavoranti aiuta a individuare il giusto grado di maturazione. Il caffè raccolto viene portato alla stazione di lavaggio e controllato: se ben raccolto può diventare Orang Utan coffee. Quindi si procede alla spolpatura, al lavaggio e a una fermentazione di circa 10 ore in sacchi con poca acqua. Muniti di appositi sacchi ci uniamo al lavoro di raccolta (quanto siamo lenti rispetto a chi ha mano ed occhio esperto!) e seguiamo ogni fase della lavorazione. A pranzo ci attende il primo piatto di pasta del nostro viaggio: dopo giornate di riso è un sogno! Durante la pausa un gruppo di bambini diventa oggetto di attenzione e di gioco: sorridono, replicando lo sguardo luminoso che sempre abbiamo trovato sui visi di grandi e bambini, uomini e donne. Tornati a Takengon ci si riunisce per una sessione di cupping con cinque caffè di diversa provenienza: l’Orangutan si distingue per il buon corpo e un’acidità piacevole che si stempera in una nota dolce finale. La nuova giornata si apre con un lungo viaggio su strade dissestate che – come già ieri – si immergono nella foresta, facendo dimenticare il triste spettacolo delle palme. Ci dirigiamo all’Umami Isaq, di nuovo a 1300 metri, ma posto a oriente, vicino al mare. La piantagione è piccola – poco più di un ettaro – e molto isolata; qui il raccolto è ormai giunto alla fine. Ci uniamo nuovamente al picking e alle successive lavorazioni del caffè. Tornando alle auto, colpisce il panorama verdissimo, attraversato da tanti rigagnoli d’acqua e suddiviso in piccoli appezzamenti di terreno dalle forme precise, in cui si coltiva il riso. A Takengon una nuova sosta per porre la prima pietra di quello che diventerà un laboratorio di studio e lavorazione del caffè, con annesse camere per ricevere gli ospiti.
Un’avventura fantastica
Al risveglio a Takengon il 3 maggio c’è una sola grande consapevolezza: il tour tra le meraviglie dell’Orang Utan Project è ormai concluso. È una giornata di viaggio piena a riportarci a Medan dove, dall’indomani, prenderà il via il susseguirsi delle partenze per i diversi luoghi di destinazione. Non è facile lasciarsi dopo un’esperienza così intensa e una convivenza piacevole e costruttiva. Sacche in spalla ci si allontana con la certezza di avere vissuto un’esperienza unica e la speranza di potersi ritrovare per un nuovo dc campus in terra di Sumatra.
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