Ottimi risultati agli ultimi campionati italiani di barista a Carrara, quello che continua a mancare, in troppi casi, è la conoscenza del caffè e delle miscele. In questo post il parere di un grande esperto del settore.
Si sono conclusi da pochi giorni i campionati Italiani di caffetteria (sarebbe più corretto di di barista) a Carrara, e l’evento, conclusasi con la bellissima vittoria dell’amico Francesco Sanapo, nostro toscano di adozione, ha avuto, finalmente, grande risalto in televisione e media vari, che gli hanno dedicato spazio e interviste.
Questo campionato, per molti, è stato il primo in cui i baristi italiani hanno saputo “muoversi” da veri baristi internazionali, vale a dire mostrando attenzione al dettaglio, alla tecnica e alla manutenzione, elementi ancora largamente ignorati dalla base dei baristi italiani, che hanno trovato invece qui il giusto riscontro. Questi elementi aggiunti permetteranno probabilmente ai nostri ragazzi di giocare, d’ora in poi, ad armi pari con i baristi di molte altre nazioni che, forse perchè meno familiari di noi al mondo dell’espresso gli concedono però più attenzione.
C’è da dire che se l’attenzione alla tecnica è migliorata altrettanto (salvo rarissimi casi) non si può dire della conoscenza del caffè, inteso come miscela. A questo proposito arriva un parere importante, quello di Edy Bieker, AD del area qualità e formazione di , che era presente come giudice alle gare di Carrara.
“Altrettanto palese è risultato un aspetto non marginale, amplificatosi proprio grazie alla crescita tecnica dei concorrenti. Mi sto riferendo alla conoscenza della materia prima utilizzata, e cioè il caffè, conoscenza che non ha seguito il forte progresso di tutto il resto. Salvo alcuni casi, che hanno reso però ancora più evidente tale solco. Sapere e comprendere veramente come il chicco verde viene prodotto; che “naturale”, “semilavato” o “lavato” non rappresentano soltanto dei termini di classificazione (manco fossero dei detersivi) ma che implicano delle ben precise conseguenze a livello aromatico, darebbe una maggior sicurezza e completezza a chi poi quel caffè, singola produzione o miscelato che sia, la deve trasformare in una bevanda che possa esprimere delle sensazioni di piacere edonistico a chi andrà a (de)gustarla. E’ l’uovo di Colombo! Sarebbe concepibile un barman che non conoscesse il sapore dei componenti utilizzati per fare un cocktail? Oppure che un cuoco ignorasse i gusti e gli aromi dei prodotti da cucinare assieme per ottenere un piatto di portata di alto livello?”
Devo dire che personalmente sono felice di questo parere; come sapete da tempo, sui post di questo blog portiamo avanti la crociata per far si che il barista sia in grado di comunicare al cliente quali caffè, quali miscele sta gustando, e che non sappia solo dire 100% arabica, frase che non dice assolutamente nulla.
Andiamo avanti più forti.
Campionati italiani baristi
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