Puntata caraibica quella di oggi della rubrica a cura di Fabrizio Rinaldi che ci porta a scoprire i paesi del Caffè, andiamo ad Haiti.
Di nuovo ai Caraibi, su questa distesa d’acqua che ci fa sognare e ci fa illudere che da quelle parti il mondo sia semplicemente migliore ma non è sempre così.
Oggi ci troviamo ad Haiti e questa è la sua situazione: in seguito ai noti eventi politico-sociali, ma soprattutto alle calamità naturali che hanno sconvolto il paese, le esportazioni di caffè haitiano in Europa ( fonte 2013) e nel mondo sono praticamente cessate. Le probabilità che lasciavano sperare in un rapido ritorno a livelli di esportazione ottimale del paese, si sono drasticamente ridotte a seguito del tragico sisma avvenuto nel Gennaio 2010. Tuttavia ci proviamo lo stesso, oggi, a parlarvi di caffè.
Lo stato di Haiti si estende su una superficie di quasi 28 milioni di Kmq, con una popolazione di circa 10 milioni di abitanti. La capitale è Port-Au-Prince, si parla Creolo e Francese e la moneta ufficiale è il Gourda. Il caffè viene raccolto da Ottobre a Marzo e le esportazioni in genere cominciano da Settembre( questi dati variano a seconda dell’altitudine in cui viene coltivata la pianta). Si producono circa 600.000 sacchi l’anno, esclusivamente di specie Arabica, lavorata sia in umido che a secco. Nel 2012 sono stati esportati solo 10.000 sacchi di caffè. In passato quando gli scambi con l’Europa ed il resto del mondo erano molto attivi, la descrizione del caffè crudo veniva definita principalmente in base alla grossezza del grano (identificato con delle X) e attraverso il nome del caricatore che, come un marchio di fabbrica, rappresentava anche una garanzia per il compratore ( i più conosciuti erano : Hadson, Usman e Wiener).
Negli ultimi tempi, invece, soprattutto se acquistando da caricatori sconosciuti, il caffè haitiano giungeva mal preparato con molta polvere, pietre, legni e corpi estranei al punto che occorreva farlo ripulire nei magazzini dei porti di arrivo per poterlo poi rivendere ai torrefattori in condizioni ottimali. Il caffè di Haiti si differenzia da tutti gli altri principalmente per il suo aspetto, in quanto si presenta (quello naturale che rappresenta il 90% della produzione) con molti grani schiacciati a causa del metodo di decorticazione. Infatti le piantagioni di caffè in questo paese sono nella stragrande maggioranza molto piccoli( da 2 ai 5 ettari) ed in queste proprietà la decorticazione viene fatta manualmente con i piloni nei mortai di legno.
Già di per sé il caffè coltivato ad Haiti è al 90 % della varietà botanica Typica che produce grani grossi e allungati;(ma vengono coltivate anche bourbon, caturra , catimor e villalobos) se si aggiunge che il metodo di decorticazione è manuale, si ottengono dei grani grossi che risultano ancora maggiori e che si sviluppano moltissimo con le tostature, come accade ad esempio con l’Haiti naturale XXXXX (ad indicare che il 60 % dei grani viene trattenuto dal Crivello 19).
Per i caffè lavati invece non esiste una vera classificazione del crivello, in genere questi caffè vengono mischiati e indicati come 17/19, 17/18, 15/16 etc. Esiste, tuttavia, una descrizione che segue quella dei caffè del Centro America, che indica l’altitudine dove viene prodotto il caffè (SHG, HG, Standard Good Washed).
In Italia la preferenza è per i caffè naturali, che per le loro caratteristiche e grossezza dei grani si presentano per miscele di alta qualità, specie quelle composte da caffè 100% arabica. Gli Haiti naturali erano molto richiesti per la loro corposità, gusto pieno ed equilibrato, acidità medio-bassa e aroma morbido. Altra caratteristica del caffè di Haiti è che possiamo considerarlo in gran parte una coltivazione biologica, certamente non voluta dai produttori, i quali a causa della loro povertà non riescono ad acquistare fungicidi, pesticidi e fertilizzanti chimici.