Il caffè espresso italiano oggi intervista Andrea Moretto collezionista di caffettiere italiane.
Il caffè espresso italiano – CFI : Raccontaci chi sei e cosa fai.
Andrea Moretto – AM: Il mio nome è Andrea Moretto, 37 anni, residente ad Ivrea e insegno disegno tecnico e uso delle macchine utensili e degli strumenti di misura presso un istituto professionale. Ex progettisti meccanico.
CFI: Come e quando è nata la tua passione?
AM: Tutto è iniziato nel 2005 quando mia madre mi regalò una caffettiera Mignon 2 tazze: il suo principio di funzionamento che consentiva, mentre preparava la nera miscela, di scaldare contemporaneamente le due tazzine mi incuriosì tantissimo, soprattutto per l’ ovvietà del progetto: una grande intuizione dietro a una semplice macchina.
CFI: Quante macchine da caffè possiedi?
AM: Intorno a 400 caffettiere, o come le definisco simpaticamente io, signorine.
CFI: La più particolare e perché? e la più amata? la più preziosa?
AM: Questa domanda mi mette in difficoltà: non è semplice scegliere tra le tante. Ciascuna ha una sua caratteristica che la rende particolare ai miei occhi: quella che permette di erogare, oltre al caffè, il vapore o l’acqua calda (parliamo di moka a fiamma, non professionali macchine da bar!), quella che eroga il caffè solo facendo pressione sul pistone tramite le proprie braccia oppure macchine finemente curate con sbalzi in argento lavorati a mano… come si può scegliere? Ovviamente la “signorina” più preziosa è quella che gli altri collezionisti ti ammirano perché in tutta la loro vita ne hanno vista solo una.
CFI: Hai delle macchine vecchissime, le hai mai usate?
AM: Magari dico un’ eresia, ma mi sembra quasi far loro del male fargli fare un caffè! Dovrei sostituire la guarnizione (tutte rigorosamente originali) o mettere a repentaglio i vecchi cavi elettrici isolati da perline in ceramica… temo di rovinarle in modo drastico!
La mia prima Kicca di Guinzio Rossi è stata l’ esempio più eclatante: dopo un centinaio di caffè il coperchio (composto in una plastica anni ’70) ha iniziato a presentare profonde crepe: per me è stato un trauma… felicemente risolto quando ho ritrovato una medesima caffettiera nuova nel suo imballo originale! Ovviamente la prima l’ ho opportunamente modificata, rifacendo il coperchio in alluminio: il risultato è stato più che sorprendente visto che il caffè risulta più buono del precedente. E’una questione di “trattenimento” del calore, fattore essenziale per un caffè più fragrante. Ma non voglio dilungarmi con i miei esperimenti in ambito caffettiere…
CFI: Cosa rende una macchina da caffè una buona macchina da caffè?
AM: Ovviamente il risultato finale. Ma sono in pochi ad intendersene realmente. Io non sono di sicuro un esperto nella degustazione della nera miscela, ma posso asserire che ho nella manica qualche trucchetto per ottenere da una classica moka una decina di caffè diversi. Per la maggior parte di noi italiani il caffè dev’essere concentrato, per la maggioranza dei francesi dev’essere lungo (in sostanza quello che qualche signora italiana usa per “fortificare” le piante): come si può stabilire? Va a gusti. Ci sono caffettiere che adottano principi di funzionamento notevolmente differenti da altre. Una caffettiera in alluminio darà un risultato ben differente da una in acciaio o ceramica o rame o ottone nichelato o argento rodiato. Alcune permettono di diversificare il risultato finale a seconda dell’ umore di chi poi deve sorseggiare la scura bevanda (e non mi riferisco a quanto macinato si inserisce nel filtro).
In certi casi la macchina da caffè migliore è quella che stupisce durante l’erogazione: veder riempire contemporaneamente 6 tazzine fa il suo effetto. E chi poi sorseggia un caffè realizzato da un’ autentica macchina anni ’60 si circonda da un attimo tutto suo: un retrò dei sensi che coinvolge vista, olfatto e gusto. E in alcuni casi anche tatto.
CFI: Riesci a raccontarci l’evoluzione delle macchine da caffè da inizio 900 ad oggi? In cosa sono cambiate?
AM: Ci sarebbe talmente tanto da raccontare che preferisco soffermarmi solo ai punti salienti: siamo passati dall’ottone nichelato o rame all’ acciaio inox (o per quantità maggiori all’ alluminio), dalle teste di grifone riprese a mano alle fusioni in alluminio alimentare o piegature di lamiere di acciaio. Dal principio di funzionamento vacuum o idrostatico alla pressione di pistone. Da macchine che rischiavano di “esplodere” durante la bollitura ad altre dotate da doppio sistema di sicurezza per l’espulsione del vapore. Ci sarebbe da scriverne un libro…
CFI: La tua collezione è esposta? è visibile?
AM: Mi è capitato di fare due esposizioni, una ad Ivrea (dove abito) e l’altra a Cassis, in Francia: è stata una faticaccia, ma ha portato tanta soddisfazione. I curiosi non mancano e scoprono un mondo a loro totalmente ignoto. Per non parlare del piacere nel sorseggiare un autentico caffè anni’60 (mi riferisco solo alla macchina, ovviamente: la miscela è rigorosamente attuale!). Chi volesse essere annoiato da discorsi inerenti alle caffettiere, gli offro volentieri un caffè a casa mia, altrimenti ho creato apposta il sito http://www.caffettiereitaliane.com per rendere chiunque partecipe di questa grande passione.
Ringraziamo Andrea Moretto per l’intervista potete visitare il suo sito http://www.caffettiereitaliane.com dove sono presenti molte fotografie
delle sue macchine da caffè.
Complimenti Andrea per la meravigliosa collezione!
Ciao Giampi, grazie! Spero col tempo di riuscire ad inserirle tutte quante…
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