Possibile estinzione della pianta selvaggia prevista per il 2100. Da qui è partita la gara del campione Italiano Baristi Francesco Masciullo al mondiale WBC di Seoul
Il cambiamento climatico, assieme alla deforestazione, all’aumento delle temperature ed alle malattie specifiche (a loro volta influenzate dal cambio di clima) hanno portato il mercato del caffè ad un deficit per il quarto anno di fila. Dal lato consumatori, invece, si continua a registrare una crescita costante che, secondo le stime, porterà la produzione mondiale di caffè a dover raddoppiare entro il 2050 per far fronte alla richiesta.E’ partita da queste considerazioni la gara di Francesco Masciullo al WBC, il campionato mondiale baristi che si è svolto a Seul (Corea del Sud) a novembre e ha visto il nostro campione arrivare ad un passo dalla finalissima.
I dati derivano da Conservation International, un’organizzazione ambientalista e dal WCR (World Coffee Research) Institute che ha anche aggiunto: “in quel medesimo anno, se non faremo niente, la superficie coltivabile per la qualità Arabica sarà dimezzata”, arrivando anche a pronosticare una possibile estinzione del caffè selvaggio attorno al 2100, quando le temperature saranno salite globalmente di quasi 5 gradi.
Uno scenario drammatico, soprattutto per quei paesi che vivono di esportazione di caffè, come il Nicaragua (dove i sacchi di chicchi rappresentano il 17% totale delle esportazioni) per arrivare all’Etiopia (33%) ed il Burundi (57%). Con le fisiologiche ed inevitabili conseguenze sulle economie dei paesi esportatori e, soprattutto, sulle produttive comunità locali: dal 2011 al 2016 sono avvenuti 1.7 milioni di licenziamenti, a seguito degli oltre 18.2 milioni di sacchi di caffè andati perduti, per un danno pari a 2.5 milioni di dollari.
L’altra negativa conseguenza della quale il cambiamento climatico è direttamente responsabile si riscontra nel proliferare di malattie e parassiti: col cambio delle temperature si sono registrate infatti nuove dinamiche, come l’ondata di Roja (la ruggine del caffè) del 2012 che portò alla distruzione di quasi il 50% del raccolto centroamericano, con punte dell’85% in Guatemala.In Colombia, il fungo è stato trovato in zone considerate da sempre troppo freddo per la sopravvivenza del batterio. La stessa cosa si è verificata col Coffee Berry Borer, un parassita proveniente dal Congo che, negli ultimi anni, è stato individuato in tutti i paesi della cosiddetta coffee belt, (la “fascia” planetaria di produzione del caffè) facendo segnare danni superiori ai 500milioni di dollari. (fonte climateinstitute.org.au agosto 2016)
Il futuro? È nei paesi freddi, sempre secondo il WCR Institute, che ha effettuato un esperimento su 30 diverse varietà botaniche provenienti da 20 paesi produttori, coltivandole ad una temperatura di soli 2 gradi Celsius: solo sette sono sopravvissute. (fonte Bloomberg, aprile 2017)
Ad oggi si stima che l’intera industria caffeicola valga 19 miliardi di dollari in esportazioni, con la bevanda, la seconda più bevuta al mondo dopo l’acqua, servita giornalmente in circa 2,29 milioni di tazzine.
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