Proseguiamo il racconto del viaggio sensoriale nella storia dell’Espresso Italiano, esperienza che grazie a Nadia Rossi abbiamo avuto la possibilità di effettuare all’interno dello stand di Caffè Milani durante l’ultima edizione della Fiera Host.
Nel primo post vi avevamo parlato dell’espresso dei primi anni del 1900 estratto con una macchina verticale a vapore, nella seconda tappa dedicata agli anni ’50 il nostro espresso è stato estratto con una macchina originale Gaggia a leva.
La macchina a leva, brevettata nel 1938 dal barista milanese Achille Gaggia, negli anni Cinquanta dilaga nella produzione su larga scala nei bar. La pressione nel gruppo è creata da un pistone spinto da una molla, entrambi collegati a una leva; abbassando quest’ultima si comprime la molla e l’acqua calda riempie la camera del cilindro sottostante venendo a contatto con la miscela posta nel portafiltro e dando il via alla preinfusione.
Quando si rilascia la leva, la molla spinge il pistone creando pressione e obbligando la porzione d’acqua calda ad attraversare il macinato, ottenendo una bevanda densa, sciropposa e con una crema persistente in superficie.
La tazzina presentava una corposità maggiore, un gusto più intenso e la superficie era coperta da una bella crema color nocciola. La miscela usata era composta da caffè provenienti da Brasile, Etiopia e Java.
Vi lasciamo, come nel precedente post, ad alcune pillole storiche sulla produzione e il consumo del caffè negli anni ’50.
Se volete scaricare il Pdf del libretto che accompagna la degustazione storica lo potete fare cliccando QUI.
Nel secondo dopoguerra, si registra un vero e proprio boom di produzione di varietà Robusta: i paesi dell’Africa puntano sulla coltivazione di caffè di questa varietà come fonte di sostentamento e guadagno; ne deriva una grande diffusione delle piantagioni.
Alla fine del 1956, le varietà di Robusta rappresentano oltre il 22% delle esportazioni mondiali di caffè: è il 75% del caffè consumato in Francia, il 50% in Inghilterra e il 40% in Italia.
In Italia, si contano oltre tremila piccole torrefazioni artigianali, dove si vende caffè tostato sfuso, sebbene la maggior parte della popolazione acquisti ancora caffè crudo, che tosta in casa con tostini e macina a mano o con mortai. L’aumento dei consumi e l’introduzione del packaging porta le piccole torrefazioni a specializzarsi nella proposta di un prodotto con un blend definito di diverse origini, impacchettato e con un brand riconoscibile. Alcune torrefazioni iniziano ad allargare il proprio raggio d’azione al di fuori dei confini provinciali o regionali.
Con la diffusione della macchina a leva si afferma l’espresso, simbolo del made in Italy; fuori dai locali campeggia il cartello “Crema caffè naturale” per invitare i clienti ad assaggiare l’ultima novità nell’esperienza del caffè.
Da prodotto d’élite, il caffè diventa oggetto di un consumo di massa. Secondo una ricerca di mercato del 1953, gli uomini bevono mediamente 1,7 tazze di caffè al giorno contro le 1,3 delle donne. Metà dei consumi di caffè degli uomini avviene fuori casa. Il bar diventa un luogo in cui socializzare, guardare la televisione, discutere di sport o fare colazione con cappuccini cremosi.
A presto per il terzo e ultimo appuntamento….