“Purge or not to purge?”, titolavamo in un vecchio post di mesi fa, post in cui non potevamo che citare, come elemento di qualità, ma sopratutto di attenzione verso i cliente, il fatto di far uscire un pochino di acqua dalle doccette (purge, spurgare appunto) prima di estrarre il nostro espresso.
Questa operazione è diventata nel frattempo una specie di marchio che divide i baristi buoni e attenti alla qualità, dai cattivi. Stavolta però, non ci siamo accontentati di raccontarlo, ma abbiamo voluto testarlo. Con una Dalla Corte DC Pro abbiamo estratto per due volte una arabica Naturale brasiliana.
Le due estrazioni erano identiche sia per la temperatura di estrazione, di 93°, per la dose di 15 gr di caffè macinato e per il peso dell’espresso estratto, 30 grammi in 27 secondi. A cambiare è stato però il fatto che una delle due estrazioni era fatta dopo il canonico purge, mentre l’altra no, alla maniera dei peggiori baristi da battaglia.
Le due tazze sono state sottoposte a cinque ragazzi che prendevano parte alle nostre serate “Jam Session” dove spesso promuoviamo qualche esperimento, ragazzi che avevano vari gradi, da principiate a buono, conoscenza del mondo del caffè, invitandoli a riconoscere la tazza “non pulita”.
Il risultato: ogni ragazzo ha ripetuto il test 3 volte, per un totale di 15 assaggi, e su 15 solo in due casi è stato individuata la tazza giusta.
Detto così sembrerebbe un invito a non fare il purge, considerandola una delle tante inutili mode. In realtà c’è da dire che con la stessa macchina il purge era stato fatto tutto il giorno, e solo tre estrazioni non sono probabilmente sufficienti a determinare un vero scalino organolettico.
In ogni caso, lettori nostri, provate a ripetere l’esperimento, e…
purge