Oggi condividiamo con piacere un interessantissimo articolo di Alberto Polojac, responsabile qualità di Imperator e sicuramente uno dei più grandi professionisti del mondo del caffè di ritorno da questi due paesi africani nei quali ha partecipato alle sessioni di “Cup of Exellence”. Caffè arabica caratterizzati da una comune nota acidula e diversi profili aromatici.
Le sessioni annuali di Cup of Excellence (ve ne avevamo parlato in questo post) – competizioni con cui ogni anno alcuni Paesi produttori designano i migliori caffè del nuovo raccolto -, sono momenti importanti per conoscere le caratteristiche dei caffè che in essi si coltivano, la realtà e le potenzialità delle diverse aree. Vi partecipano giudici sensoriali di tutto il mondo, che selezionano i migliori lotti di ogni raccolto, li classificano e selezionano: i vincitori vengono messi all’asta a prezzi superiori a quelli comunemente offerti dal mercato. Grazie a ciò gli agricoltori che li hanno presentati ricevono un riconoscimento tangibile e molto importante per proseguire il loro cammino nel solco della qualità.
L’Africa è un continente che si distingue all’interno del mondo del caffè e che ha ancora rilevanti potenzialità da scoprire e coltivare. Un suo elemento caratteristico è la lavorazione che subiscono le ciliegie del caffè, il cosiddetto metodo lavato: una volta spolpato, il caffè viene posto in vasche piene d’acqua – dette di fermentazione – e lasciato a macerare per 36-72 ore, per rimuovere del tutto la mucillagine. Durante questo lasso di tempo si avvia un processo di fermentazione che conferisce una maggiore acidità e aromaticità in tazza rispetto ai caffè naturali (in cui le ciliegie vengono lasciate essiccare al sole), che invece hanno più corpo. Il consumatore italiano tradizionalmente non ama caffè con uno spiccato gusto acido, come al contrario succede oltre frontiera, soprattutto nel Nord Europa; per questo, nelle miscele prodotte nel nostro Paese da estrarre espresso, è meglio utilizzarli in bassa percentuale. in particolare per il Burundi; da parte sua il Ruanda è un caffè più complesso con una nota acidula più smorzata, dunque può essere bevuto anche in purezza.
Ruanda, aromi ad ampio spettro Il Ruanda ha un territorio prevalentemente montuoso, con un’altitudine media di 1700 metri slm e diversi vulcani attivi. La coltivazione del caffè prende il via nel 1930, imposta dal governo coloniale belga. Oggi il settore dà lavoro a circa 400mila addetti che coltivano circa 70 milioni di alberelli, con una produzione di circa 27mila tonnellate). Il caffè arabica cresce intorno ai 1400 metri slm ed è per lo più di varietà Bourbon; il crollo globale dei prezzi sul finire degli anni ’80 e la devastazione economica a causa del genocidio del 1994 hanno segnato pesantemente il Paese, la cui agricoltura rimane arretrata. Negli ultimi anni, tuttavia, la qualità dei suoi chicchi è stata apprezzata e richiesta da catene come Starbucks, che ha contribuito al miglioramento delle condizioni di lavoro in alcune aree. In tazza presenta un profilo aromatico complesso e piacevole, ha un’acidità intensa (non citrica) con note fruttate di mela, tamarindo, lime. Da bere in purezza, miscelato a buoni arabica dal profilo più dolce e con buoni robusta.
Burundi, tazzina balsamica Il Burundi si presenta come un grande altipiano con un’altitudine media di 1700 metri slm. La maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura; il caffè, per lo più arabica, dà lavoro a circa 750mila famiglie (il 55% circa della popolazione): le 145 stazioni di lavaggio e i 4 impianti per la spolpatura rappresentano il principale tessuto industriale del Paese. Anche qui il caffè viene portato dai Belgi negli anni ’30 e ad oggi la sua coltivazione è realizzata da contadini che possiedono piccoli appezzamenti di terreno; per questo in fase di classificazione, la provenienza viene indicata con le coordinate delle diverse stazioni di lavaggio, alle quali in media un centinaio di famiglie porta il proprio piccolo raccolto.
Il Paese è estremamente povero, prostrato dai recenti scontri tribali e vede nel caffè un importante mezzo di riscatto e crescita economica. Sebbene la povertà tocchi la maggioranza della popolazione, questa si mostra ospitale e generosa, sempre disposta a regalare un sorriso e un’occhiata curiosa al “muzungo”, come viene amichevolmente chiamato l’uomo bianco. L’arabica è prodotta nelle regioni del nord e del centro del Paese, per lo più di varietà Bourbon. In tazza l’acidità è spiccata, con note di limone, arancia e lime, con una particolare nota balsamica, molto gradita soprattutto negli Usa. Un caffè che impatta in modo molto forte e positivo con le papille gustative, ideale da unire ad altri arabica o robusta.
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