Dallo strepitoso secondo posto di Chiara Bergonzi al campionato del mondo di latte art a Melbourne fino alle nuove caffetterie, piccolo giro in una nazione che, a forza di piangersi addosso, cresce.
L’Italia, come ogni altra nazione, organismo, ente o persona, somiglia a se stessa, in tutto, anche nella capacità autolesionistica di pensar male di se, anche quando non dovrebbe, anche quando un esame meno superficiale delle altre realtà e nazioni ci porterebbe a capire che perfetti non siamo, ma nemmeno gli altri lo sono, e che anche noi, come gli altri, a questa perfezione, a questa ricerca della qualità possiamo puntare.
Sono anni, (3?4? 5 anni?) che piangiamo con masochismo il cattivo, pessimo stato del mondo del caffè italiano, e sono anni che con regolare progressione i nostri ragazzi si distinguono sempre più nelle competizioni mondiali per baristi, fino ai bellissimi sesti posti dei due Franceschi, Sanapo e Corona, e allo strepitoso secondo, da gotha mondiale, di Chiara Bergonzi nella manifestazione iridata di latte art di pochi giorni fa.
Sarà facile controbattere che un conto è la punta di diamante, l’individualità, un conto è un movimento, una presa di coscienza degli operatori italiani. É vero, il pianeta delle caffetterie e dei baristi italiani sconta un ritardo che affonda nell’eccessiva familiarità e disattenzione verso un prodotto che non sembra meritevole di attenzioni, ma i nostri concittadini coffee lover che considerano Londra un santuario della qualità del caffè sembrano vedere solo, della capitale britannica, le cinquanta caffetteria di altissimo livello, sfuggendo allo sguardo le migliaia di locali in cui una macchina da espresso maltenuta sforna prodotti che fanno rimpiangere il Nescafè. Da noi nemmeno quello? No, anche qui si nota il progressivo miglioramento della qualità Italiana, con i locali di Sanapo a Firenze, il Filter Lab di Pisa e le moltissime altre realtà in crescita in mille angoli d’Italia.
Eppur si muove, eppure nonostante le nostre autocommiserazioni anche il livello della caffetteria italiana cresce. Continuiamo così, sapendo che rimane da vincere una grande scommessa, rimane necessario, fondamentale, che le torrefazioni italiane sappiano tornare a leggere il mercato, e riproporsi a livello internazionale cogliendo la nuova voglia di conoscenza, di rapporto con la qualità, con la filiera, con un cliente che vuol sapere e per una nuova generazione di baristi che non si accontenta più di fumose”ricette segrete”.
Tutto questo rimanendo italiani, tutto questo rimanendo il popolo capace di essere unico, quello che siamo sempre stati.