Una stessa miscela di caffè di alta qualità regala due espressi totalmente diversi se estratti con acque minerali a diversi livelli di pH e di residuo fisso, un esperimento che apre ulteriori orizzonti alla possibilità di degustare espresso scoprendo sempre nuove prospettive.
Sarà l’acqua… diceva una volta la pubblicità, e siccome lo diceva la pubblicità, devo dire che molti, me compreso, hanno sempre minimizzato l’importanza dell’acqua come capace di dare un gusto diverso, migliore e peggiore al nostro espresso. Abbiamo già parlato in questo post, in linea generali, delle acque più adatte per l’espresso, ed è proprio in questo post che accennammo all’esperimento che oggi andiamo a raccontare.
A farci ricredere è stato un recente esperimento organizzato presso la nostra scuola anche grazie all’aiuto del onnipresente guru Andrej Godina e del fantastico Andrea Matarangolo durante una seduta di assaggio di alcune settimane fa.
In questo esperimento abbiamo preso una miscela di caffè prodotta da una torrefazione danese di altissimo livello, e l’abbiamo estratta usando due diverse acque minerali.
La macchina usata per l’estrazione è stata una dalla Corte Mini con serbatoio dell’acqua interna e gruppo unico, per rendere possibile lo svuotamento totale dell’acqua.
Nell’esperimento abbiamo contraddistinto i due campioni di acqua e quindi di espresso come “campione numero 1” con acqua a pH 7,5 e con residuo fisso di 158 milligrammi per litro, e “campione numero 2” per l’espresso estratto con acqua con pH di 6,35 e residuo fisso di 100 mg/L.
Vale la pena di ricordare che il pH è un parametro che rivela il grado di basicità o acidità dell’acqua. La sua scala di misurazione va da 0 a 14. Al di sotto di 7 si ha una soluzione acida, al disopra una basica. Con un pH acido si rischia una corrosione dei metalli (anche delle caldaie delle macchine da caffè) mentre con un pH basico si ha la formazione di incrostazioni. Il residuo fisso è invece la quantità di depositato che si ottiene dopo l’evaporazione di una precisa quantità d’acqua, in questo caso viene definita oligominerale l’acqua con un residuo fisso fra 50 e 500 mg/l, le più comuni in Italia.
Per l’assaggio abbiamo usato la scheda di degustazione che abbiamo ampiamente descritto in numerosi post pubblicati nell’ultimo periodo; dal aspetto visuale all’assaggio olfattivo, gustativo, del corpo e del retrogusto. Nella foto che correda quest’articolo potete infatti vedere la scheda come è stata compilata in questo assaggio, contrassegnata da un puntino troviamo il campione 1, contrassegnato da una crocetta il campione 2.
Come possiamo vedere il campione 1 denotava una crema più corposa e persistente e aveva, all’esame olfattivo, note più fini e intense risultando anche meno acido e leggermente più amaro rispetto al campione 2. Denotava però anche un corpo più scarso (a dispetto di una buona cremosità) rispetto al campione 2, più corposo e leggermente più acido, perfino con un punto di astringenza, ben raro in miscele di questo livello.
A chi di noi si diletta in miscelazione e assaggio il compito di trarre le proprie personali valutazioni, come sempre basate sul gusto personale, ma resta bizzarro pensare che quello che abbiamo assaggiato era la stessa miscela, capace di regalarci due tazzine profondamente diverse grazie, semplicemente, ad un acqua diversa.
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