Ok, questo è un giornale toscano, ma sono certo che sono molti i quotidiani di zona che nella scarsità di notizie estive propongono ai cittadini rimasti in città (che si suppongono un po’ a corto di fondi) come risparmiare due lirette, intanto comprando quello che servirà per la scuola dei bambini e fermandosi poi per un caffeino, che ci sta sempre.
Eppure sono anche notizie, pubblicità come queste che fanno male al caffè, alla sua qualità e alla sua conoscenza.
Quale giornalista si sognerebbe infatti di scrivere “volete bere un bicchiere di vino ma volete spendere poco? Nel tal bar vi offriranno un bicchiere di vino a 1,50 invece che 2 come di media”. La risposta sensata di qualsiasi cliente sarebbe “ok, ma di che vino si tratta, di roba rossa fatta con cosa?”. Per il vino sì, il nostro nobile caffè invece continua a venir proposto come una pillola da trangugiare tappandosi il naso pur di svegliarsi, quindi un prodotto del quale l’unico valore aggiunto da proporre al cliente non può essere che il prezzo.
Sarebbe bello, sarebbe bello se al bar si potesse invece trovare sì il caffè che costa poco ma anche un espresso vero, fatto con miscele (e singole origini?) di qualità, magari proposto a 1 euro e 80 o 2€ (e più? alcuni caffè lo meriterebbero davvero…)
Fra parentesi è strano vedere come questo meccanismo esista poco nel mondo dei cocktail. In questo campo infatti, è facile capire come un cocktail negroni, per fare un esempio, sia fatto sempre con il solito gin, il solito bitter e il solito vermouth, quindi con un food cost molto simile per ogni locale; in questo caso un prezzo più basso vorrebbe dire davvero meno margine per il barista pur di offrire un prezzo più basso, ma non a scapito della qualità. Qui però nella percezione del cliente rientrano altri elementi che rendono l’esperienza più complessiva, come il buffet, la sua originalità, la musica, il barman figo e la “coolness complessiva dell’ambiente, e il prezzo diventa un elemento meno rilevante. Al bar, insomma, si vuole risparmiare solo sul caffè…