Millesimati, gran cru, wine spectactor, sommelier internazionali? Sono queste le parole che ci vengono in mente cercando di raccontare cos’è il mondo del super caffè gourmet, il mondo delle Cup of Excellence, il mondo dei supercaffè di supernicchia quasi totalmente sconosciuto in Italia.
Partiamo dal inizio, e diciamo che esiste una organizzazione, la Alliance for Coffee Excellence Inc. (abbreviata in ACE) una no-profit con sede negli USA. Questa associazione ha un consiglio di amministrazione che lavora a stretto contatto con una rete di professionisti del caffè. A questa associazione vengono presentati dei caffè, prodotti nelle varie fincas o estates, insomma nelle piantagioni dove il caffè viene prodotto e lavorato. Gli esperti della associazione, inclusi alcuni buyers di grandi catene, assaggiano questi caffè (alla cieca, senza conoscerne la provenienza) in gare a questo scopo organizzate, dando loro dei punteggi. I caffè che otterranno più di 84 punti su 100 parteciperanno ad una ulteriore selezione che determinerà la possibilità e il posizione in una asta in cui verranno battuti i migliori caffè.
Entrare in quest’asta organizzate on line, i cui orari e modalità si possono trovare in questa pagina, è quindi molto difficile, e solo il 2-3% dei caffè presentati vi accedono, ma i risultati possono essere straordinari, con alcuni raccolti pagati perfino 40 volte di più del prezzo del caffè equo e solidale. Parlo proprio del caffè fair trade, perché il modello della cup of excellence sta oscurando, in una certa misura, proprio il concetto dell’equo e solidale, con contadini che, riuscendo a produrre caffè di alto livello possono sperare di avere ricavi, e quindi condizioni di vita, ben migliori di quelli offerti dalla pura sussistenza.
Il sito della ACE di fornisce molti dati sul come sono andate le aste, e ci mostra anche un dettaglio disarmante, con la maggior parte dei clienti che si sono aggiudicati i lotti (in questa pagina riportati come high bidders-migliori offerenti) provenienti da Giappone e estremo oriente e comunque praticamente mai dall’Italia. Perché? Innanzitutto perché questi caffè si ritrovano ad avere prezzi finali di oltre i cento euro al chilo, impensabili in una nazione come la nostra dove il caffè è solo e comunque un prodotto nazionalpopolare da vendere ad un euro a tazzina, e poi perché davvero l’idea che un caffè possa essere qualcosa di gourmet, e che caffè diversi possano avere prezzi diversi tocca ancora molto marginalmente il pubblico italiano, rendendo di estrema nicchia questo mercato nella nostra penisola. C’è infine da tener conto che questi caffè hanno spesso produzioni molto limitate, e un singolo acquirente può prendersi tutto il raccolto dell’anno, con ottimi affari per i produttori e con la nostra voglia di andare a cercare, magari all’estero, questi caffè da gourmet.
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